Dall'Arena del 15/02/2009
Strana gente, i leghisti. Almeno certuni e a certi livelli. Da una parte si battono per la cultura popolare e l'identità veneta- tanto che l'assessore provinciale alle medesime, Gianni Panato, fa le conferenze stampa in dialetto-, dall'altra vanno in cerca di benedizioni in latino. Sia chiaro: chi scrive adora il dialetto, sua lingua quotidiana, e auspica in un ritorno del vero latino nelle scuole. E ascolterebbe pure volentieri qualche messa nella lingua di Cicerone. Ma come fare a non vedere la contraddizione culturale, antidemocratica e fuori dalla storia? Il dialetto, è il bis-bis- bisnipote del latino, ma è totalmente diverso dall'illustre avo. Tanto che quando la Chiesa usava il latino i nostri nonni lo «traducevano» ad orecchio. E così «libera nos a malo amen» diventava «maluame»); il requiem diventava il «rechie» e a chi si produceva in dotte citazioni latine replicavano: «Basta paternostràr». Aggiungendo subito: «Parla come te magne e non rompar i santissimi». M.P.
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